Rocca

Gli esuli italiani, fra i quali i fratelli Bandiera, che nell’isola di Corfù studiano una spedizione in patria.

Attilio Bandiera (Venezia, 24 maggio1810Vallone di Rovito, 25 luglio1844) ed Emilio Bandiera (Venezia, 20 giugno1819Vallone di Rovito, 25 luglio1844) sono stati due patriotiitaliani.

Biografia

Nobili, figli del baroneFrancesco Giulio Bandiera, ammiraglio, e di Anna Marsich; a loro volta ufficiali della Marina da guerra austriaca, aderirono alle idee di Giuseppe Mazzini e fondarono una loro società segreta, l’Esperia (nome col quale i greci indicavano l’Italia antica) e con essa tentarono di effettuare una sollevazione popolare nel Sud Italia.

Qualche articolo dello statuto dell’Esperia:

Art.1 – L’Associazione secreta che dall’anno 1841 imprende a dedicarsi alla causa dell’indipendenza, libertà e unione dell’Italia assume il nome di Esperia.

Art. 2 – L’Esperia vien costituita dal libero assenso di chi vuole con mutuo inviolabile giuramento vincolarsi alla stretta osservanza dei suoi statuti.

Art. 3 – L’Esperia si riguarda come tutelatrice dei patrii interessi, sino al primo libero e completo congresso di tutta l’Italia emancipata dagli stranieri…

Art. 5 – Al primo completo e libero congresso di tutta Italia intieramente da stranieri sgombrata e non prima, l’Esperia ritenendo per tale fausto avvenimento la propria missione per compiuta, si discioglierà definitivamente ed il dittatore, dando di ciò al congresso l’avviso ufficioso, rimetterà anche pegli usi ulteriori che si potessero credere opportuni tutte le carte ad essa riguardanti, ch’egli si farà premura di raccogliere tutte per quell’epoca presso di sé… Sul principio purtroppo ai nostri giorni messo vergognosamente da parte , che il dedicare tutto se stesso a pro’ della Patria altro non è che un dovere, per aver appartenuto all’Esperia non si acquista diritto veruno a nazionali ricompense. Soltanto nel pubblicare la dissoluzione il dittatore raccomenderà al congresso che la nazione voglia impedire che la miseria aggravi le persone e le famiglie di quelli che fecero parte di una società tanto alla Patria benemerita.

Spedizione in Calabria.

Nel marzo 1844 a Cosenza, in Calabria scoppiò un moto durante il quale il capitano Galluppi, figlio del grande filosofo Pasquale Galluppi, trovò la morte. In breve tempo ritornò la calma e con la calma il processo, dove furono condannate a morte 21 persone, delle quali solo sei furono giustiziate.

Il 13 giugno 1844, i fratelli Emilio e Attilio Bandiera, disertori della marina austriaca, partirono da Corfù (dove avevano una base allestita con l’ausilio del barese Vito Infante) alla volta della Calabria seguiti da 17 compagni, dal brigante calabrese Giuseppe Meluso e dal corso Pietro Boccheciampe. Il 16 giugno 1844 sbarcarono alla foce del fiume Neto, vicino Crotone e appresero che la rivolta scoppiata a Cosenza si era conclusa e che al momento non era in corso alcuna ribellione all’autorità del re. Pur non essendoci alcuna rivolta i fratelli Bandiera vollero lo stesso continuare l’impresa e partirono per la Sila. Il Boccheciampe, appresa la notizia che non c’era alcuna sommossa a cui partecipare, sparì e andò al posto di polizia di Crotone per denunciare i compagni. L’allarme dato, raggiunse anche la cittadina di San Giovanni in Fiore, e più precisamente

« …giorno 19 giugno del 1844. In punto che corrono le ore 18 (ore 14 correnti), è qui che giunse la triste notizia che il bandito Giuseppe Meluso di San Giovanni in Fiore, da molti anni rifugiò in Corfù, sia disbarcato nelle marine del Marchesato, con un mediocre numero di persone abbigliate alla militare , ed introdottisi in tenimento di Cerenzia e Caccuri, limitrofo a questo capuologo, col disegno di perturbare la pubblica quiete »
(ASCS Imputati politici – Inserito nel libro La spedizione in Calabria dei Fratelli Bandiera,di Salvatore Meluso, Rubbettino editore, 2001)

Cattura.

Subito iniziarono le ricerche dei rivoltosi ad opera delle guardie civiche borboniche. Proprio quando il gruppetto si trovava alle porte di San Giovanni in Fiore, vennero avvistati dalle guardie civiche partite dal paese, e in seguito ad alcuni scontri a fuoco, avvenuti presso la località della Stragola (dove oggi si trova un cippo in marmo commemorativo dell’eroiche gesta) nel comune di San Giovanni in Fiore, vennero tutti catturati (meno il brigante Giuseppe Meluso che, buon conoscitore dei luoghi, essendo egli stesso originario di San Giovanni in Fiore, riuscì a sfuggire alla cattura). Vennero prima portati presso le prigioni della cittadina silana, tranne i feriti che vennero trasportati immediatamente a Cosenza. I catturati furono portati dinanzi la corte marziale, che li condannò a morte. Il re Ferdinando II questa volta fu severo e ne graziò pochi; i fratelli Bandiera con altri sette compagni, Giovanni Venerucci, Anacarsi Nardi, Nicola Ricciotti, Giacomo Rocca, Domenico Moro, Francesco Berti e Domenico Lupatelli, vennero fucilati nel Vallone di Rovito nei pressi di Cosenza il 25 luglio 1844HYPERLINK “http://cgi5.ebay.it/ws/eBayISAPI.dll” \l “cite_note-1″[2]. Le salme dei nove fucilati, prima furono seppellite nella chiesa di Sant’Agostino e poi nel Duomo di Cosenza. Quelle dei fratelli Bandiera e di Domenico Moro rientrarono a Venezia il 18 giugno 1867, circa un anno dopo la liberazione della città al termine della Terza guerra di indipendenza. Le tre salme sono sepolte nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo.

Monumento.

Il Monumento Nazionale ai caduti della spedizione dei Fratelli Bandiera è stato realizzato dal 1961 al 1966 in località Bucchi, a Crotone, dall’architetto Giorgio Volpato. La prima pietra venne posta in occasione del centenario dell’Unità d’Italia il 26 marzo 1961 e inaugurato dal Presidente della Repubblica Saragat (presente anche l’onorevole Sandro Pertini) il 21 aprile 1966. Parallelepipedo di calcestruzzo, cemento e marmo è una struttura su due livelli con 17 blocchi di pietra di Trani a simboleggiare gli uomini della spedizione fucilati. In occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia è stato riqualificato.

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